La consigliera regionale pentastellata Patrizia
Bartelle e la consigliera comunale adriese del M5S Elena Suman intervengono sulla questione che riguarda la
Coimpo.
«È un quadro sempre più allarmante, quello riguardante i
terreni circostanti la Coimpo, che necessitano di essere bonificati. Secondo i dati
emersi dalle indagini ambientali svolte nel 2015 dai carabinieri forestali e
discusse durante l’ultimo consiglio comunale adriese, sarebbero 377 gli ettari
da bonificare che si estendono nei comuni di Adria, Pettorazza, Ceregnano, Gavello, Villadose, San
Martino di Venezze e Papozze. Terreni che
ad oggi necessitano di altri carotaggi per fare il punto delle criticità, dove
siano individuate, per poi procedere alla bonifica. Un intervento necessario
per capire se le sostanze inquinanti possano
aver raggiunto, nei vent’anni di attività della società di rifiuti di Ca'
Emo, le acque di falda e potrebbero quindi aver inquinato l’acqua che i cittadini utilizzano quotidianamente.
Stiamo parlando di terreni per i quali i proprietari non solo avrebbero accettato gli sversamenti
da parte di Coimpo, ma avrebbero ricevuto anche denaro dalla stessa. Probabilmente
in tutto questo vi potrebbe essere anche una responsabilità personale da parte
dei proprietari terrieri»
Continuano le esponenti del Movimento: «La Regione Veneto per il 2018 ha inserito un milione di
euro nel “fondo regionale di rotazione
per interventi di bonifica e ripristino ambientale”, da spalmarsi in tutta la
Regione; per questo è abbastanza improbabile che essa predisponga
cifre importanti per la messa in sicurezza del sito in questione».
Proseguono Bartelle e Suman: «Nel contempo la politica deve vigilare affinché il sito di Ca'
Emo non venga acquisito da un’azienda che potrebbe continuare quanto abbia fatto fino ad ora da Coimpo»
Si tratta di un'azienda i cui vertici societari, arrestati a dicembre 2017,
sono implicati in almeno tre distinti procedimenti penali: il primo relativo all’incidente
sul lavoro nell’azienda di Ca' Emo, avvenuto il 22 settembre 2014 quando
morirono quattro operai, uccisi dalle esalazioni di acido e ammoniaca creata
dalla reazione di fanghi trattati con acido solforico. Il secondo processo riguarda l’indagine
aperta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze per sversamenti di fanghi non trattati in alcuni
appezzamenti agricoli della Toscana, mentre il terzo concerne l’indagine
aperta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia, che sta indagando
a proposito dei fanghi da depurazione non trattati e versati su alcuni terreni agricoli
del Polesine.
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